Ti è mai capitato di soffrire di incubi o brutti sogni? Quelli che ti fanno risvegliare in un bagno di sudore e con il fiato corto? Ancora, di sei accorto (o peggio, te lo ha fatto notare il tuo partner o perfino i tuoi figli, che stanno due stanze più lontano) di russare pesantemente durante la notte? Oppure ti risvegli anche dopo una lunga e apparentemente ininterrotta notte di sonno di otto ore e ti senti comunque stanco, assonnato, poco lucido?
Tutti questi sintomi possono essere riconducibili a quella vasta e indefinita area che va sotto il nome di “disturbi del sonno”. All’interno di questi si trova la OSAS, in lingua inglese “obstructive sleep apnea syndrome”, traducibile come: “Sindrome ostruttiva delle apnee notturne”. Questo scioglilingua identifica il semplice ma molto fastidioso (e talvolta persino pericoloso) fatto che, per una ragione o per un’altra, durante la notte il flusso dell’aria che dovrebbe entrare nei nostri polmoni risulta ridotto in maniera più o meno importante, diminuendo la quantità di ossigeno che deve arrivare in tutto l’organismo per alimentare i nostri processi vitali.
Il guardiano di questo flusso è il nostro cervello, che vigila affinché tutto vada per il meglio nel nostro corpo e ci avvisa quando scattano dei segnali di guardia.
Nel sonno, a causa della posizione assunta dal corpo e del generale stato di relax dei muscoli, è naturale che si riduca il flusso di ossigeno che entra nelle nostre vie aeree. Il problema si fa più serio, però, nel caso in cui il naso è tappato e i muscoli della respirazione che si trovano in bocca e in gola non stanno muovendosi come dovrebbero. A questo punto il processo va a mezzo regime o tende perfino ad incepparsi, e i recettori che misurano costantemente la quantità di ossigeno nell’organismo avvisano il cervello, che agisce di conseguenza.
L’incubo, in effetti, è una misura estrema per farci svegliare di soprassalto, accelerando il cuore e facendoci fare grandi respiri che, introducendo boccate d’aria in grandi quantità nel corpo, ci ricaricano di questo elemento vitale.
Questo processo non è però né sano né naturale. Il russare implica che si sta facendo un extra sforzo per respirare, e che comunque l’aria che entra è minore rispetto a quella necessaria. Conseguenza della mattina? Sonnolenza, stanchezza, irritabilità, minor concentrazione.
Il problema del russamento, in varie forme, colpisce oltre la metà della popolazione maschile adulta e poco meno della metà di quella femminile, ed è spesso presente anche nei bambini. Questo può diventare, in alcuni casi, talmente grave da risultare un vero e proprio handicap, sia a scuola che sul lavoro.
Per fortuna è possibile affrontare questa patologia anche nel settore odontoiatrico. Nei piccoli pazienti si può operare mediante una riabilitazione funzionale alla corretta deglutizione, con esercizi che vanno ad allenare la lingua a prendere la posizione corretta all’interno del palato. A questo si possono sommare interventi di Ortodonzia per allargare il palato e creare i giusti spazi necessari a stare meglio.
Questo è valido anche per gli adulti, a cui si può aggiungere l’utilizzo di specifici apparecchi anti russamento, che aiuta a portare la mandibola avanti e mantenere la lingua nella sua giusta posizione durante il sonno, tenendo aperte le vie aeree e aiutando la respirazione.
Grazie a questi accorgimenti si può migliorare di molto la qualità della propria esistenza, perciò se soffri di questi disturbi chiedi al tuo dentista di fiducia se può esserti d’aiuto in tal senso. Noi ci vedremo nei prossimi articoli.
Dott. Luigi Gelmi